Tutta la bellezza e il dolore - All the beauty and the bloodshed.

Il ritratto di Nan Goldin, fotografa ed attivista, nel documentario vincitore del Leone d'oro 2022.

di EMILIANO BAGLIO 19/02/2023 ARTE E SPETTACOLO
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Il primo aspetto da considerare rispetto a All the beauty and the bloodshed, il nuovo documentario di Laura Poitras dedicato alla fotografa ed attivista Nan Goldin, vincitore del Leone d’oro 2022, è la sua stessa forma.

Per lo più si tratta di un lavoro che utilizza materiali realizzati da altri; filmati d’epoca, spezzoni di film sperimentali ed underground ai quali partecipò la stessa artista ed ovviamente le sue fotografie.

Lo stesso lavoro della Goldin, da parte sua, si presenta già con una forte componente cinematografica; la fotografa è infatti famosa soprattutto per le sue slide show a partire dal suo lavoro più noto; The ballad of sexual depedency, un vero e proprio spettacolo multimediale in continua evoluzione composto da oltre 700 immagini proiettate ogni volta in ordine diverso e parziale, per una durata totale di circa 45 minuti, con l’accompagnamento di musiche.

Viene quindi spontaneo chiedersi se All the beauty and the bloodshed sia un film di montaggio sotto forma di documentario e se sia o meno un lavoro a quattro mani e nel caso chi abbia realizzato cosa.

Ad esempio, chi ha deciso quali foto utilizzare nel film; quali parti dei vari slide show riproporre, come dobbiamo considerare ed analizzare un film che, per la maggior parte della sua durata, si nutre ed è costituito da immagini prodotte da altri e così via.

Sono tanti gli interrogativi che pone un prodotto ibrido e sfuggente come All the beauty and the bloodshed.

Mai come in questo caso la forma sembra combaciare con il contenuto stesso dell’opera perché è la stessa vita di Nan Goldin ad andare in mille direzioni diverse.

Non è un caso che il primo nome importante che si incontri in questo viaggio sia quello di Barbara, la sorella maggiore di Nan, morta suicida da adolescente; un trauma che accompagnerà e segnerà l’intera vita e l’opera della futura fotografa.

Il primo racconto è proprio quello del rapporto di Nan con questa scomparsa, l’eco della ribellione della sorella maggiore al grigiore della periferia suburbana americana e l’influenza che questa ha avuto nel formare il carattere di Nan e soprattutto il percorso, in tarda età, per scoprire cosa fosse veramente avvenuto a Barbara dopo una vita passata tra orfanotrofi e case di cura, sino a scoperchiare un vero e proprio vaso di Pandora con tanto di scioccanti scoperte sul passato della propria madre, vittima per anni di abusi sessuali in giovane età.

Il secondo livello narrativo è quello che riguarda la fotografa Nan Goldin ed è in realtà il racconto della controcultura americana dagli anni ’70 in poi e di un’intera generazione decimata, più tardi, dall’AIDS.

Si tratta di quella stessa comunità che è al centro del lavoro ritrattistico della stessa Goldin e che esploderà definitivamente nella mostra che la Goldin organizzerà nel 1989 con al centro proprio l’AIDS e che sarà al centro di un tentativo di censura.

Infine c’è l’ultimo aspetto, quello che poi è stata la miccia che ha acceso l’interesse di Laura Poitras nei confronti di Nan Goldi, ovvero il suo attivismo.

Nan Goldin, infatti, per anni è stata dipendente dall’OxyContin, un antidolorifico oppiaceo che genera dipendenza e che ha provocato la morte o la tossicodipendenza di migliaia di persone.

Tale farmaco era prodotto da una casa farmaceutica di proprietà dei Sackler, una delle famiglie più ricche e potenti al mondo, famosi anche per essere tra i principali filantropi e donatori di alcuni dei musei più famosi al mondo, dal Metropolitan al Guggenheim passando per il Louvre.

Nan Goldin, insieme ad altre vittime del farmaco, nel 2017 ha fondato il PAIN (Prescription Addiction Intervention Now), un gruppo di attivisti famoso soprattutto per le sue azioni dimostrative all’interno dei musei.

Veri e propri happening che, nel corso del tempo, hanno portato a dei processi nei confronti dei Sackler i quali da un alto, hanno di fatto portato al fallimento la loro stessa casa farmaceutica così da evitare i processi intentati ad essa; dall’altra hanno raggiunto un accordo extragiudiziale.

Tuttavia la fama della Goldin unito alla forza delle azioni, hanno fatto sì che molti musei non solo rifiutassero nuove donazioni da parte dei Sackler ma togliessero anche il loro nome dai propri musei.

La battaglia della Goldin nei confronti dei Sackler è probabilmente la parte più toccante e commovente di un documentario multiforme come la sua protagonista; un film che è al tempo stesso la storia di un dramma familiare, la ricostruzione di un intero periodo storico della controcultura americana ed infine il ritratto di una donna che è al tempo stesso una ribelle, un’artista ed un’attivista.

EMILIANO BAGLIO


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